ANDARE OLTRE
Quaresima 2021

Oltre le apparenze: l’essenza

Può sembrare strano, ma la Quaresima è un cammino di gioia per la presenza del Signore in noi, che ci accompagna invitandoci ad ascoltarlo e a ricordarci come rispose al tentatore: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). È proprio questa “Parola” l’offerta di Dio per noi; è proprio questa Parola che, diventata nostro cibo quotidiano, ci fa crescere come figli e fratelli con lo sguardo rivolto all’altro non per condannarlo, ma per perdonarlo e camminare insieme verso le alte, ardue ed affascinanti vette che si chiamano: comunione, riconciliazione, perdono, contemplazione, gioia profonda, felicità condivisa, speranza di un mondo nuovo.
Bella, allora, è la Quaresima perché è colma di speranza e di gioia; è bella perché animata dal perdono e dalla carità: «Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi»(Gv 15, 12). E’ luminosa la Quaresima, proprio come la primavera dai colori della natura risvegliata dal grigiore dell’inverno: «Voi siete la luce del mondo»(Mt 5,14). Non può restare nel buio chi ha con sé il sole della speranza e dell’amore: Gesù Signore!

È bella la Quaresima perché ci permette di vivere giorni, e sono quaranta, di contemplazione del Sole crocifisso e risorto che continua ad amarci, a perdonarci, a riscaldarci, ad illuminarci dalla cattedra del deserto: «Non di solo pane vive l’uomo…» e della croce: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,33-34), Lui che ha fatto del perdono la lampada che arde e risplende costantemente nel cuore di coloro che sono ai suoi piedi, come Maria e Giovanni e che, ricordando e vivendo il suo Vangelo, fanno del perdono il progetto bello di una umanità che progredisce nella dimensione del dono, come e con il  Maestro non del sospetto, ma della speranza e dell’offerta di sé.

Per la riflessione…

  • Vuoi trovare il modo per vivere la contemplazione del Crocifisso nel tuo ordinario?
  • Come vorresti impegnarti?

Oltre l’io: l’altro
Il dono di sé come pedagogia vincente è ciò che Gesù realizza in tutta la sua esperienza di vita: «Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi» (Gv 15,12); «… Chi perderà la propria vita per causa mia la troverà…» (Mt 16,25). Gesù non sarebbe risorto se il suo pensiero, il suo agire e il suo parlare non fossero stati caratterizzati dalla cultura del dono: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8) e che in tante circostanze ci aiuta a chinarci verso l’altro con la sua com-passione testimoniando di essere abitati da Lui e invitati a fare altrettanto: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio gioco infatti è dolce e il mio carico leggero» (Mt 11,28-30).

«La compassione è la più importante e forse l’unica legge di vita dell’umanità intera» (F. Dostoevskij). In una certa cultura, che purtroppo diviene prassi, la compassione viene vista più come atteggiamento naturale di rispetto verso chi vive in situazioni precarie; per il cristiano la compassione ha lo spessore di una alta umanità che si esprime in com-unione di vita; è speranza condivisa, è fraternità: esercizio per cui possiamo imparare a vivere insieme, a condividere. È uscire da sé per camminare con l’altro, mano nella mano. La compassione è vissuta da chi è uscito ed esce dal proprio io per abbracciare l’altro. È la forma più radicale del dedicarsi all’altro, del dargli fiducia, attenzione, perdono, se occorre, nella speranza luminosa che avviene solo lì dove l’altro viene considerato non un tale, ma parte di me.

La compassione non è facile perché chiede di essere attenti, direi “abitati” dall’altro. È la forma più chiara di filantropia. Per il Vangelo è il modo di essere abituale di Gesù. Il Signore dice che bisogna andare oltre la giustizia. Il suo invito alla compassione chiede di andare oltre il comune sentire umano perché indirizza il cuore alla imitazione di lui che «da ricco che era, se fatto povero per voi perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8,9). Questa povertà la contempliamo particolarmente nel Natale e nella Pasqua che si espandono nella nostra storia «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14a). La contempliamo nella Parola che la madre Chiesa ci dà in abbondanza e nell’Eucarestia  che nella nostra comunità guidano e nutrono quotidianamente la mente e il cuore perché siano come il suo. Ciò attraverso l’Ascolto, che avviene nelle varie celebrazioni eucaristiche, nell’Adorazione quotidiana: oasi di pace e di intercessione, di contemplazione del mistero di una presenza che ci illumina e nella Lectio divina del venerdì: luce e pane per il nostro cammino di testimoni dell’Invisibile. 

Parola e Pane: doni stupendi che il Signore ci offre in abbondanza, espressione del suo cuore, benevolmente curvo su di noi, senso alla nostra quotidianità di gioie e dolori, fatiche e speranze. Egli ci nutre con il Pane che dà vita: pane della comunione, della condivisione, pane della nostra quotidianità spesso sfiduciata, ansiosa e per questo bisognosa di accompagnamento, di speranza, di condivisione, di luce. Nutrirsi di questo cibo è il segreto per sentirsi accompagnati nell’avventura del quotidiano. Come cristiani siamo servi e custodi della Parola quando si tratta di difendere la persona dalle tante manomissioni. Gesù insegna: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio»(Mt 4,4). Dobbiamo “mangiare” il rotolo della Parola che, se accolta, mette in movimento la carità proprio come Maria, divenendo tabernacoli che hanno in sé il segreto dell’amore, della luce e della pace, della solidarietà, dell’accompagnamento nelle case, per le strade, nei luoghi di sofferenza e dove si progetta la vita dell’uomo per il presente per il futuro.

Quante volte purtroppo passiamo accanto a qualcuno senza accorgercene! La vita è fatta di sguardi accolti e offerti. Questo ha fatto Gesù: si accorge dei bisogni, vede l’altro nella sua situazione. San Paolo ci esorta ad avere gli stessi sentimenti di Cristo (cfr. Fil 2,5), lo stesso suo progetto. Egli da ricco che era, si è fatto povero per noi (cfr. 2Cor 8,9) e continua ad esserlo nei tempi attraverso i suoi discepoli guarda, guarisce, accarezza. “Vedeva” che significa atteggiamento del cuore, quindi accorgersi. “Vedere” è il primo passo della compassione, vederlo per quello che è, guardarlo lì dove questo significa empatia. Questa è la vicenda di Gesù allora, come oggi. Noi siamo costantemente sotto lo sguardo compassionevole del Signore che ci guarda per come siamo, si accosta, ci benedice, ci guarisce, ci chiama alla sua sequela, ci dona la sua pace e ci manda a costruire relazioni, a “vedere”, cioè a fermarci, a “stare” accanto a chi è “ferito”.

Gesù è il nostro maestro e dalla sua bocca escono sempre parole che parlano di attenzione all’altro, di compassione, che è un gesto divino-umano che lui ha vissuto fino al perdono sulla croce: «Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34) e di cui ha parlato tante volte. Vediamo per esempio la parabola del Samaritano.
«Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: “Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Che cosa sta scritto nella legge? Che cosa vi leggi?”. Costui rispose: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso”. E Gesù: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai”. Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è il mio prossimo?”. Gesù riprese: Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò ad una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti? Quelli rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso» (Lc 10,25-37).

 Per la riflessione…

  • Quale forma di dedizione all’altro vuoi proporre a te stesso e alla tua famiglia in questa Quaresima?
  • Vuoi provare ad annullare l’indifferenza con uno sguardo più attento a chi si pone accanto?

(Da “Andare oltre…” lettera del parroco don Pierino Liquori alla Comunità per la Quaresima)